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Mario Martinozzi

Gusmano Soli

Modena, addì 4 Novembre 1898 – All’Illustrissimo Signor Segretario dell’On. Consiglio Direttivo del Collegio San Carlo in Modena. Lo scrivente ha preso atto della comunicazione fattagli dalla S. V. della nomina del Prof. Mario Martinozzi a docente di Lettere Italiane in questo Liceo, e prega le S. V. di partecipare all’On. Consiglio Direttivo che, ieri, il Martinozzi incominciò regolarmente il corso delle sue lezioni. Con osservanza, Il Preside Gusmano Soli

1 . La formazione: cultura umanistica e libertà di pensiero

Luigi Leonardo Bartolommeo Emilio Mario Martinozzi nasce il primo luglio 1874 a Siena, figlio di Giuseppe e di Maria Aquarone. Si laurea in Belle Lettere a Bologna dopo aver seguito le lezioni di Giosuè Carducci, e vive a Pisa almeno fino al 1896.

Nel 1898 si candida per il posto di insegnante di Lettere Italiane al Liceo San Carlo: verrà assunto il 4 novembre di quell’anno per prendere servizio subito.

4.3 segn. 11 – verbali delle sedute del Consiglio – seduta n. 295, 31 ottobre 1898

Il Signor Presidente comunica che scopo principale della presente seduta si è di provvedere all’insegnamento delle Lettere Italiane in questo Liceo pareggiato, a seguito delle dimissioni del Cav. Magg. Fogliani Tancredi accettate nella precedente seduta. Accenna che due sono i concorrenti a tale carica: il Prof. Ferruccio Carreri, insegnante in questo Liceo ginnasio superiore e il dott. Mario Martinozzi di Bologna. Avverte che il Prof. Carreri assumerebbe tale insegnamento purché lo stipendio non fosse inferiore a quello da esso percetto ora in L. 2160. Il Dottor Martinozzi invece si accontenta dello stipendio che il Consiglio crederà di assegnargli.
Esso è giovane, e qui comincerebbe il suo ministero di insegnante. […] [Martinozzi] presenta certificato rilasciatogli dall’Illustre prof. [Giosuè] Carducci dal quale risulta che il ricorrente frequentò la scuola di magistero per lettere italiane dal 1892 al 1895

Nell’accettare la candidatura di questo giovane e brillante toscano il rettore, Gusmano Soli, sta compiendo un investimento che sarebbe andato ben oltre la cattedra assegnata. 

Per attestare la sua idoneità all’incarico il dott. Martinozzi, fra i vari documenti, allega una bibliografia delle proprie pubblicazioni. Fra esse spicca la prima, licenziata quando aveva vent’anni, e l’ultima – Appunti di critica d’arte – ancora in corso di stampa e che in realtà non vedrà mai la luce. Con lo pseudonimo di Mario da Siena, che utilizza anche per collaborare alla rivista letteraria fiorentina “Il Marzocco”, ha inoltre al suo attivo delle raccolte di versi, in alcuni casi scritti assieme al padre. 

La sua vivacità intellettuale lo pone subito all’attenzione del Consiglio del Collegio. Tre giorni dopo l’assunzione, il 7 novembre, Martinozzi viene invitato ad accettare anche l’incarico di segretario del Liceo Ginnasio, incarico che mantiene fino a giugno 1901, quando inizia anche ad insegnare anche al Regio Istituto di Belle Arti di Modena (oggi Istituto d’arte Adolfo Venturi), erede dell’Accademia Atestina di Belle Arti fondata da Ercole III d’Este nel 1785.

Nel 1906 infine diviene socio dell’Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti, segno della sua piena integrazione nel tessuto culturale modenese.

Agli occhi dei suoi studenti la sua personalità forte – a tratti originale – non gli permette certo di passare inosservato. Martinozzi non ama insegnare il latino in modo canonico e corregge mal volentieri i compiti scritti degli alunni, suscitando talvolta le proteste dei genitori. Anche il rispetto degli orari delle lezioni non sembra essere una sua assoluta priorità, con buona pace del Consiglio del Collegio per il quale il comportamento del docente è fonte, negli anni, di qualche grattacapo, come vedremo più avanti.

Pierpaolo dalle Masegne, Arca di Giovanni da Legnano, Bologna, Museo Civico Medievale, 1390 ca., lastra 1900 ca. (foto Fondazione Collegio San Carlo, inv. 1161, part.)

2. La nascita della storia dell’arte come disciplina autonoma

Circolare N. 86 – Roma, 20 novembre 1900

Ai Reali Provveditori agli studi, Ai Presidi dei licei-ginnasi

Da parecchi anni voci autorevoli e sempre più numerose chiedono che i programmi delle nostre scuole classiche si allarghino a comprendere anche le nozioni di storia delle arti, specie nei periodi più gloriosi. Rammentano che l’educazione dell’immaginazione, del sentimento, del gusto, è parte importante dell’educazione liberale. 
Enrico Panzacchi

Per comprendere la genesi dell’idea delle Conferenze bisogna fare un passo indietro, se pure di pochi anni.

2.1 – Gli inizi. L’esempio di Adolfo Venturi

Nel 1888 lo storico dell’arte modenese Adolfo Venturi (Modena, 1856 – Santa Margherita Ligure, 1941) viene chiamato a Roma.

Venturi era stato il protagonista della prima sistematica riorganizzazione della Galleria Estense, trasferita da poco dal Palazzo Ducale all’attuale sede di Palazzo dei Musei, nonché il curatore del primo catalogo sistematico delle sue opere.

Andrea Becchi (attr.,) La Galleria Estense, fine XIX sec (Modena, Gallerie Estensi)

E’ questa esperienza, ormai da moderno conservatore, a metterlo in luce presso il ministero e a Roma viene investito dell’incarico speciale, e delicato, di ispettore presso la direzione generale dei Musei e delle Gallerie – nell’ambito di una amministrazione statale dei beni culturali ancora in via di formazione – ma, soprattutto, gli viene affidato l’avvio di un’impresa ciclopica: la catalogazione degli oggetti d’arte statali. Questa impresa aveva, e ha tuttora, un ruolo non secondario anche se non sempre ovvio: la conoscenza porta all’educazione – alla possibilità di essere condividere e insegnare la conoscenza stessa, e dunque di educare il senso estetico e civico – ed entrambe portano ad una maggiore comprensione, quindi alla tutela.

Per dare un’idea delle dimensioni di quest’operazione colossale e capillare basti pensare che ad oggi, marzo 2024, sono presenti nel catalogo digitalizzato delle opere e degli oggetti d’arte italiani (https://catalogo.beniculturali.it/)  poco più di 3 milioni di schede, calcolando che non tutto è stato ancora digitalizzato e, soprattutto, che parte del patrimonio è solo inventariata e non è ancora stata schedata. 

Atti del IV Congresso storico italiano, in “Archivio storico italiano”, 1890, p. 150

Il constatare quanti e quali sieno i monumenti che formano il patrimonio artistico della nazione, il designarli, l’illustrarli e renderli noti agli italiani ed agli stranieri, è fare opera della maggiore importanza per la storia artistica e per la civile; mentre fornisce al Governo il modo d’impedirne la dispersione, e lo pone in grado di vegliare alla conservazione loro

Questa crescente attenzione nei confronti del patrimonio italiano, percepito finalmente come una ricchezza comune e condivisa, guida anche la maturazione di un’altra operazione: l’insegnamento della storia dell’arte (italiana) nelle scuole e nelle Università come materia autonoma. Nonostante questo, ancora nel 1923, al tempo della riforma Gentile e dell’ingresso della storia dell’arte come materia autonoma ufficiale nei programmi scolastici, sarà considerata una “piacevole e lieve materia”, come ricorda lo stesso Venturi, e una sorta di “Cenerentola dell’insegnamento classico in Italia”.

Lo stesso Venturi nel 1889 ottiene la libera docenza di storia dell’arte alla Sapienza di Roma, grazie anche all’interessamento di Giosuè Carducci. A partire dall’anno accademico 1897-1898 diviene titolare della prima, e per molto tempo unica, cattedra universitaria unicamente di storia dell’arte istituita in Italia, sempre presso la Sapienza di Roma. Il modello per questo nuovo insegnamento è la precedente cattedra di archeologia di Emanuel Löwy, creata nel 1891  (per inciso, la prima cattedra europea di storia dell’arte fu istituita nel 1844 a Berlino, seguita a ruota dalla cattedra viennese del 1852). Vengono di conseguenza finanziate delle borse di studio per il perfezionamento in storia dell’arte, un percorso destinato a formare i futuri funzionari museali.

In tutto questo il consiglio del Collegio San Carlo, avendo a disposizione un insegnante come il giovane, preparato e attento Martinozzi, colto e appassionato, capisce immediatamente che quel fervore dev’essere cavalcato e non perde tempo.

2.2 – “Primo in Italia”: l’esperimento del corso di storia dell’arte al Liceo

N. 19/ 1899 – 25 febbraio 1899

llustrissimo Sig. Presidente del Consiglio Direttivo del Collegio S. Carlo.
Ottemperando al desiderio, più volte espressomi dalla S. V. Ill.ma e dal Sig. Consig. Prof. Nicoli, di dare agli alunni di questo Liceo un breve corso elementare di conferenze sulla Storia dell’Arte in Italia mi sono posto d’accordo col Sig. Prof: Martinozzi docente di Lettere Italiane e col Sig. Provveditore per attuare il desiderio della S. V. Ill.ma e dell’Onor. Consiglio Dir[etti]vo.
Era mia intenzione di far tenere le dette conferenze in ore assegnate alle lezioni d’Italiano, ma, dietro osservazioni giustissime del R[egi]o Provveditore,  mi sono convinto che è necessario farle in ore fuori-orario e, quindi, in un pomeriggio libero. Perciò avrei scelto il pomeriggio del Venerdì (libero per tutto il Liceo e pel Ginnasio Superiore) ed avrei combinato di fare sette lezioni-conferenze, quattro nei primi quattro Venerdì di Marzo, e le altre tre negli ultimi due Venerdì di Aprile e nel primo Venerdì di Maggio, secondo il programma seguente:
3 Marzo – Lezione d’introduzione – Cenno sullo svolgimento delle arti figurative italiane nel Medio – evo fino al Risorgimento (Niccolò Pisano, Arnolfo, Giotto)
10 Marzo – L’architettura (Cenni) e la scultura del secolo XV in Italia
17/ 24 Marzo – La pittura del secolo XV
21 Aprile – L’architettura (Cenni) e la scultura del XVI secolo
28 Aprile/ 3 Maggio – La pittura del secolo XVI
Si è scelto il periodo del Risorgimento, perché è il più facile e il più adatto alle intelligenze degli alunni (digiuni di ogni nozione d’arte); e l’intervallo fra i due periodi di conferenze è stato posto perché, durante la scadenza del bimestre, i giovani non abbiano occupazioni, oltre a quelle regolamentari. Del resto la divisione fatta della materia si presta a questa interruzione senza danno. Negli anni venturi poi si tratteranno gli altri periodi della Storia dell’Arte, sicché, alla fine del triennio, i giovani del Liceo, avranno scorso l’intero argomento. Va inteso che dette conferenze non possono essere obbligatorie per gli alunni, ma io mi riprometto egualmente la massima frequenza. Anzi riterrei opportuno farvi intervenire anche gli alunni interni della V Ginnasiale. 
Per espresso desiderio, del resto giustissimo, del prof. Martinozzi, queste conferenze saranno fatte solamente per gli alunni, pel personale insegnante e direttivo e per le autorità; e ciò per potere mantenere quella esposizione facile e piana voluta dalle menti giovanili per le quali sono fatte le lezioni. 
Il R.o Provveditore ha assai encomiata l’idea dell’On. Consiglio, ha promesso di renderne edotto il Ministero, ed anzi mi ha pregato di comunicargli il giorno e l’ora della prima conferenza, alla quale Esso desidera di assistere.
Attendo dalla S. V. Ill.ma l’approvazione delle suesposte disposizioni per poterle attuare.
Con perfetta osservanza, 
Il Preside Gusmano Soli

Il primo breve corso di storia dell’arte del Rinascimento (chiamato Risorgimento da Soli, com’era consuetudine all’epoca), anche se limitato a 6 lezioni delle 7 previste, procura a Martinozzi, a soli sei mesi dall’assunzione, il primo encomio:

4.3 segn. 11 – seduta Consiglio n. 306 – 1899

Il sig. Preside delle scuole significa che il prof. Martinozzi ha compiuto il suo corso di conferenze sulla storia dell’arte in Italia, svolgendo le conferenze stesse con eccellente metodo. Il Consiglio ne prende atto con compiacimento, ed in addempimento della precedente deliberazione in data 1 Maggio u. s. delibera di assegnare al lodato professore Martinozzi una gratificazione di L. 150 – lire centocinquanta.

N. 74/ 1899 – 9 giugno 1899

Onorevole signor Presidente. La deliberazione dell’on. Consiglio presieduto dalla V. S. Illma mi giunge estremamente grata, in quanto mi dimostra come il Consiglio si sia compiaciuto di bene accogliere il modo con il quale io cercai di compiere il grato incarico affidatomi.
Come sia dissi al Sig. Preside, qualora un altro anno sia creduto opportuno dalle S. L. il continuare le serie delle lezioni libere di storia dell’arte, non lascerò sforzo alcuno per il quale possa, secondo le mie poche forze, far opera proficua ai giovani, tale da meritare in qualche modo la benevolenza che la S. V. mi fa l’onore di dimostrarmi. 
Pregando la S. V. di voler comunicare questo mio ringraziamento ai signori del Consiglio, mi dichiaro della S. V. dev[otissi]mo
Mario Martinozzi

Il piglio emozionale delle sue lezioni incentrate quasi esclusivamente sul Rinascimento, l’approccio divulgativo ma coinvolgente “a cui contribuisce anche l’ausilio delle riproduzioni, inizialmente distribuite fra i presenti su supporto cartaceo” “col sussidio di stampe e fotografie”, come si legge nella relazione di fine anno 1901, nonché l’attenzione per i collegamenti con la letteratura e la storia – anche locale – gli permettono di fare breccia nelle menti e nei cuori di molti studenti.

Vista l’approvazione delle conferenze, il giovane e ambizioso professore pensa che sia tempo di tramutare queste lezioni sperimentali, destinate ai soli alunni liceali e ginnasiali e al personale interno, in qualcosa di più strutturato. Il passo successivo non può che essere il coinvolgimento di un pubblico più vasto ma, per arrivare agilmente ad un numero superiore di persone, è necessaria una strumentazione all’avanguardia.

Il Consiglio del Collegio ancora una volta comprende subito, e si muove di conseguenza. 

N. 154/ 1899 – Discorso pronunziato dal Presidente del Consiglio Direttivo del Collegio Convitto S. Carlo in occasione della premiazione dell’anno scolastico 1898-1899.

Fra le novità che il nostro Collegio ha potuto attuare lo scorso anno, primo forse in Italia, adito il corso libero di Conferenze sull’Arte Italiana del Risorgimento: impar[t]ite a tutti gli alunni dal Prof. Martinozzi, insegnante di Lettere italiane nel nostro Liceo. E sono lieto di annunziare che il medesimo conferenziere, continuerà nel prossimo anno scolastico a svolgere il suo tema, colla competenza che ormai tutti gli riconoscono, accompagnando l’esposizione orale con delle proiezioni fotografiche, del genere di quelle che furono date qui in Collegio, tre anni fa, per opera di Corrado Ricci. […] Ed ora prego il Chiarissimo nostro Prof. Martinozzi a voler intrattenere questo rispettabile uditorio sull’argomento da lui scelto, delle Relazioni fra le arti figurative e le arti della Parola.
Apparecchio per proiezione Unger & Hoffmann, 1899 ca. (Fondazione Collegio San Carlo, inv. 4152)

3. La lanterna magica: la rivoluzione della visione

Corrado Ricci, La lanterna magica, «Corriere della sera», XXI, 301, 1-2 novembre 1896, pp. 1-2

Mi sono trovato in una villa (dove erano raccolte diverse famiglie e quindi un nuvolo di bambini) proprio nei giorni nebbiosi e piovosi di un malinconico ottobre.
Dalla città ho portato per divertirli una lanterna magica (veramente magica), per la quale passavano luminosamente scenette campestri, animali, fiori e i monumenti principali delle città italiane.
Ho diviso i fanciulli in due schiere: i più piccoli ho ammessi al godimento della lanterna magica; invece ho mostrato disegnetti e incisioni e libercoli scolastici, dove sono riprodotti presso a poco gli stessi animali, gli stessi fiori, gli stessi monumenti, ai più grandi. Questi ultimi dapprima si sono mostrati attenti e curiosi, hanno ascoltate le mie parole con qualche interesse, hanno guardato «le figure» e fatto qualche osservazione; poi si sono mostrati un po’ stanchi e sono tornati ai loro giuochi prediletti, con visibile piacere. Così per alcuni giorni.
Dai piccoli, intanto, non mi potevo liberare: ad ogni momento mi erano intorno per rivedere le grandi e splendide figurazioni proiettate sul muro. Che gridi d’ammirazione all’apparire dell’elefante! Che paurosa attenzione al passaggio del leone, del serpente boa, della tigre! Che lieta sorpresa al balenare del Canal Grande di Venezia, della chiesa di S.Pietro in Roma, della torre pendente di Pisa, del golfo di Napoli col Vulcano fumante! Che occhi spalancati per meraviglia quando si presentava l’ingrandimento di un insetto, di un fiore, di un’erba!
E su tutto quale delizioso e profondo desiderio di vedere, anzi di rivedere e di sapere. Se minacciavo qualcuno, più clamoroso, d’allontanarlo, erano preghiere e promesse di essere quieto e buono. 
Come riconobbi da quel momento la «felicità» di quella lanterna, di quel giuocattolo, quale elemento di studio! E sì che si trattava di cosa molto primitiva e imperfetta, al confronto di quelle che si possono fare o trovare con l’inserzione di negative fotografiche, che potrebbero riprodurre anche capolavori d’arte, e così educare il senso estetico dei giovanetti fin dal primo svegliarsi dell’intelletto.
Ma che sperare? […] le persone serie si leveranno contro l’idea di fornire le classi elementari d’una buona lanterna magica, e magari ne rideranno.
Diamine! Dove andrebbero la dignità della scuola e la solennità dell’insegnamento?

La prima lanterna magica a fare il suo ingresso in Collegio è dunque quella dello storico Corrado Ricci, direttore della Galleria Estense fra il 1894 e il 1900. Se ipotizziamo che la felicità e curiosità dei collegiali si sia potuta paragonare a quella dei bambini oggetto dell’ “esperimento” condotto dallo stesso Ricci si comprende facilmente la risoluzione presa dal Consiglio del Collegio che, all’aprirsi del nuovo secolo, acquista presso un produttore di Dresda un apparecchio per la proiezione di lastre fotografiche.

La voce di spesa per questo genere di oggetti non esiste ancora. Così il Consiglio prende i fondi destinati all’acquisto dell’apparecchio dal capitolo di spesa del gabinetto delle macchine scientifiche, e i fondi per l’acquisto delle lastre dal fondo destinato in bilancio per i divertimenti (AsFSC 4.3 segn. 11, 11 e 18 gennaio 1900).

Nello stesso mese di gennaio 1900 Ricci torna in teatro al San Carlo per parlare dell’arte veneziana, sempre usando “proiezioni bellissime dei fratelli Alinari di Firenze”

Venezia, Palazzo Ducale, XIV secolo, lastra 1890-1900 ca. (foto Fondazione Collegio San Carlo, inv. 2493)

Sulla scorta di questo fervore le lezioni di Martinozzi proseguono. Il Consiglio nella relazione di fine anno 1901 ne parla così:

Storia dell’arte. Primo in Italia, e prevenendo il Ministero, il nostro Liceo iniziò, fino dal 1899, un breve e succinto corso di Storia dell’Arte in Italia. Le lezioni furono date dal prof. Martinozzi, e vennero allora limitati a 6 fatte nelle scuole col sussidio di stampe e di fotografie. 

Ben presto però si accorse lo scrivente che un coso fatto per tal modo, ben poco poteva essere utile ai giovani, sicché propose all’on. Consiglio Direttivo di acquistare una lampada di proiezione a gaz acetilene per tale insegnamento specialmente, ma che sarebbe stata assai utile anche alle Scuole di Fisica e di Storia Naturale. Il voto fu esaudito, e così nell’anno 1899-1900 e nel 1900-1901 si fecero due corsi completi della detta Storia, illustrando l’esposizione colle proiezioni luminose dei capo-lavori dell’arte nostra. Queste lezioni.conferenze, alle quali assistettero tutti gli alunni del Liceo, incontrarono grande favore nel pubblico colto della nostra Città, e quantunque necessariamente limitate, non fu esiguo il concorso di professori di altri istituti e di persone estranee. Anche nell’anno venturo (ed ora le lezioni di storia dell’arte sono obbligatorie) si terrà dal prof. Martinozzi il corso in parola e vado sicuro che non verrà meno al dotto conferenziere il favore del pubblico e l’interesse degli alunni”

Relazione finale dell’anno scolastico 1900-901, p. 12 (AsFSC 13.70, prot. 178)
Relazione finale dell’anno scolastico 1900-901, p. 13 (AsFSC 13.70, prot. 178)

In realtà le sperimentazioni riguardanti l’insegnamento della storia dell’arte, come aggiunta facoltativa al programma dei licei classici e non solo, non erano prerogativa del solo Liceo pareggiato San Carlo ma erano presenti in più città in questo torno di anni.

Certo è che l’ausilio del proiettore doveva renderle particolarmente efficaci. Per mantenere alto l’interesse degli alunni, e dell’uditorio in occasione delle molte conferenze aperte al pubblico, era tuttavia necessario rinnovare e incrementare il materiale didattico e così, dopo averne procurato in proprio per anni, Martinozzi scrive al Consiglio del Collegio:

Mario Martinozzi, al Presidente del Consiglio del Collegio

Sino ad oggi il materiale fotografico è stato fornito dall’insegnante. Oggi che l’insegnamento è divenuto stabile, faccio proposta alla S. V. di assegnare in bilancio una somma per le diapositive: questa potrebbe essere ripartita in più annualità, con assegno di L. 100 annue per tre anni o quattro: per gli anni seguenti converrebbe mantenere, ridotto, un assegno annuo (AsFSC, 13.75, n. 147, 01 novembre 1906)

In più occasioni le conferenze, supportate dalle immagini e quindi molto gradite dal pubblico, hanno scopi benefici.

Negli anni precedenti la Grande Guerra una delle tragedie più profondamente sentite è il terremoto che colpisce Messina e Reggio Calabria il 28 dicembre 1908.

Nel gennaio 1909 il consiglio direttivo dell’Università Popolare scrive al Collegio per chiedere il teatro San Carlo e incarica Martinozzi di tenere una conferenza sulle bellezze, in parte perdute, di Messina. L’introito di questa occasione speciale (lire una per le sedie, lire due per le poltrone) sarà devoluto al Comitato Provinciale di Soccorso per “i nostri fratelli del Mezzogiorno”.

Messina, veduta panoramica con lo stretto e la costa calabra, ante 1908 (foto Fondazione Collegio San Carlo, inv. 1704)
Messina, facciata della chiesa di San Gregorio, edificata a partire dal 1542 e completata da Filippo Juvarra, distrutta dal terremoto (foto Fondazione Collegio San Carlo, 1900 ca.)
Messina, Osservatorio astronomico. La torre, edificata alla fine dell’Ottocento, non sopravvisse al terremoto del 1908 (foto Fondazione Collegio San Carlo, inv. 1791)

Fra le immagini che riguardano questa e le successive conferenze una buona parte di cartoline è dedicata all’illustrazione del Villaggio Regina Elena, costruito in legno per dare velocemente una casa ai messinesi in attesa della ricostruzione.

3.2 – Le foto Alinari e la visione di Corrado Ricci: le lastre dell’Istituto Minerva

Vengono tempi difficili. Il 18 maggio 1915, ricordando come il Liceo pareggiato S. Carlo fosse stato la prima scuola secondaria del Regno a impartire in modo sistematico l’insegnamento della Storia dell’arte, il professor Martinozzi scrive di nuovo al Consiglio del Collegio per sottolineare l’importanza del libro del testo. Ben a conoscenza dell’impossibilità di imporne l’acquisto (nonostante il prezzo accessibile a tutti, la materia resta facoltativa), Martinozzi propone di incentivare gli studenti a comprarlo promettendo loro un secondo libro, di costo maggiore, in regalo: con il Manuale di storia dell’arte italiana di Urbini viene regalato, a 12 ragazzi, un Atlante di Biagi con immagini di arte greca e romana.

C’è un altro problema. Mentre alcune scuole come il R. Liceo Muratori stanno progredendo nella qualità delle lezioni di Storia dell’arte grazie a un nutrito numero di lastre, il S. Carlo da tempo non rinnova la sua collezione. L’insegnante suggerisce allora di acquistare la collezione ordinata dal Ministero per le lezioni impartite nelle scuole governative, composta da 332 diapositive e in commercio presso l’Istituto Nazionale Minerva, a Roma, al prezzo di £ 200.

Corrado Ricci, Il battesimo dell’Istituto Minerva, 1912

Quelli, tra i presenti, che sono sulla cinquantina o l’hanno passata di molto o di poco, si abbandonino per un momento all’esercizio mentale (non so se più dolce o malinconico) di risalire agli anni della fanciullezza. Ricorderanno la rudimentale lanterna magica; ricorderanno il macchinoso cosmorama, gratificato del pomposo titolo di mondo nuovo; ricorderanno infine certo arnese, di cui non so più il nome, frutto d’acutissima osservazione, dove una stessa figura, disegnata in successione di pose e dipinta sopra un disco girante, appariva, per un foro, grottescamente moventesi.
In quelle cose era (in germe) il concetto della proiezione e della cinematografia. Ma la stessa loro imperfezione, la stessa loro ingenuità tennero quegli oggetti confinati nel campo dei giuochi puerili. L’imperfezione, ho detto, e l’ingenuità: ma avrei dovuto dire anche quel singolare senso di diffidenza e di superbo disdegno col quale la somma degli scienziati ha quasi sempre respinto i suggerimenti e le scoperte di carattere e di successo popolare.
La lanterna magica come più semplice e di miglior effetto ebbe maggior fortuna; ma non ebbe quella d’entrare nella scuola, a sussidio della parola, impegnando due sensi anziché uno, a migliore impressione della memoria.
 
Vennero le proiezioni; e anche quelle, per qualche tempo, furono considerate un giuoco. A quei primi che, dirò così, osarono illustrare con proiezioni le loro conferenze, giunse il dileggio delle persone — come chiamarle? — chiamiamole serie — le quali cominciarono a dar loro dei cantambanchi; e contro i primi che fecero le prime lezioni con proiezioni protestarono “in nome della scuola e della solennità dell’insegnamento».
 
Ora io, che difesi tanti anni or sono la seria utilità della lanterna magica e che fui dei primi in Italia a far conferenze d’arte con le proiezioni, ho accettato dall’Unione Italiana dell’Educazione Popolare di trattare tale argomento, e di tenere a battesimo una nuova creatura.
 
Perché ciò che entra per gli occhi, come spettacolo preciso, concreto, evidente, delineato, agisce sull’anima mille volte più di ciò che vien letto, ossia di ciò che esige ancora una fatica intellettuale per essere inteso, realizzato, tradotto in figura.
Rallegriamoci dunque di quanto, proprio stasera, e in questo teatro, nasce in Roma, sotto gli auspici di Luigi Credaro, Ministro dell’Istruzione, ossia della nuova creatura che vi ho promesso di tenere a battesimo.
«Minerva» è il suo nome… Minerva, luce dell’intelligenza, patrona di ogni cultura, maestra di tutte le industrie e di tutte le arti.
L’Istituto Minerva non solo cercherà di diffondere per tutte le scuole le macchine di proiezioni, ma anche di aprir sale di cinematografia a lato dei massimi istituti di educazione e di coltura popolare.

Dopo qualche titubanza legata soprattutto al prezzo, alzatosi nel frattempo a 265 lire, la collezione intera viene acquistata.

Le immagini Minerva non sono sempre accurate. Sono perlopiù foto tratte, rifotografandoli, dai positivi dei Fratelli Alinari, talvolta hanno didascalie errate, a volte sono fuori fuoco o non perfettamente centrate. Eppure costituiscono il primo catalogo sistematico di diapositive pubblicate con l’intento di supportare la didattica, tanto è vero che le didascalie apposte sulla cornice delle lastre è al contrario rispetto alla lastra: chi le inserisce nel carrello del proiettore, come si farà poi per decenni con il proiettore di diapositive, deve posizionare la foto a rovescio.

4. Leggete, scrivete, leggete

Capace di guizzi innovativi e sperimentali, Martinozzi fatica a stare nei binari dell’insegnamento tradizionale. Non più tardi del 1901 iniziano le lamentele dei genitori perché questo professore non corregge alcuni compiti, non rispetta sempre gli orari, non insegna in modo convenzionale.

Eppure il suo apprezzamento valica già dai primi anni i confini del Collegio: viene chiamato ad insegnare anche al Regio Istituto di Belle Arti di Modena e tiene non di rado conferenze di letteratura italiana e di storia dell’arte per l’Università Popolare, tanto da divenirne ambasciatore presso il Collegio stesso e chiedere, per conto della stessa istituzione, l’uso della Sala Grande e di spazi di affissione per pubblicizzare le conferenze.

Nel 1909 la ditta Pellegrino Orlandini e figli, nota in città per lo studio fotografico, scrive al Consiglio del Collegio presentando i volumi in preparazione dedicati al Duomo di Modena, il secondo dei quali è a cura proprio di Martinozzi, indicato ancora come docente di storia dell’arte all’Istituto di Belle Arti di Modena (AsFSC, 13.78, 1909, prot.141). Più avanti, nel novembre del 1923, il Ministro dell’Istruzione risponderà ad una lettera forse inviata da colleghi non ben disposti nei confronti del nostro professore, notificando che non esistevano leggi ad impedimento del doppio incarico come docente di lettere italiane al Liceo San Carlo e di storia dell’arte all’Istituto di Belle Arti. Il Consiglio del Collegio gli toglierà unicamente le ore di latino – se la scarsa passione per la materia non era aumentata di fatto si trattava di un favore.

Negli anni che precedono la guerra il professore accompagna volentieri gli alunni in gita: non manca mai di portarli in Galleria Estense, di fronte alle opere, e li guida per le strade e le opere di Verona, Genova e Venezia. L’ultima gita, nel 1914, è a Firenze.

4.1 Gli anni della guerra. Letteratura, politica e bastonate

Quando l’Italia entra in guerra anche la scelta di un libro di testo di letteratura italiana diventa un terreno di confronto politico. Il 21 maggio 1915 il Preside, Santi, coadiuvato dai professori Mingarelli e Martinozzi, si trova in disaccordo con un altro docente, Carreri: alla proposta di Mingarelli di adottare ad uso della lingua italiana il testo “I martiri della libertà italiana” di Vannucci Atto, un testo di indole patriottica, il preside non si oppone pensando che la scuola debba avere un indirizzo politico, mentre il prof. Carreri critica la scelta in quanto sostiene che la scuola debba avere un indirizzo di tipo neutro nei confronti dei ragazzi.

Carreri del resto naviga in acque agitate, al punto da trovarsi coinvolto in tafferugli con gli studenti risolti a bastonate, come racconta il cronista del Collegio:

Pietro Costa Giani, Memorie del Collegio, 25 maggio 1915

25 maggio 1915. Nel pomeriggio d’oggi gli studenti esterni di queste scuole pareggiate hanno una dimostrazione ostile al prof. Ferruccio Carreri insegnante ordinario in questo Ginnasio Superiore clerico austriacante, che non nascondeva le sue simpatie per la causa dei nostri odierni nemici affermando che la guerra nostra all’Austria sarebbe stato un tradimento. 
Gli studenti attesero che il prof Carreri uscisse dal Collegio, e vistolo proruppero unanimi in continue grida di abbasso l’Austria! Il professore, seccato, minacciò gli studenti dicendo loro che non potevano insultarlo, e visto che gli studenti seguitavano a gridare Abbasso l’Austria, colpì senz’altro, con una bastonata alla testa, lo studente grandi Ettore, del Liceo Muratori. Non contento bastonò anche lo studente Borellini, colpevole di avere gridato viva l’Italia. 
Il clamoroso incidente fece accorrere una folla numerosa tra cui molti militari richiamati che si mostravano particolarmente indignati. Il prof. Carreri, pressato ed investito da ogni parte, passò un brutto quarto d’ora e riuscì a stento a rifugiarsi entro il portone della fotografia Sorgato in Via Farini ove intervennero a proteggerlo dalla giusta ira della folla il delegato Giannotti ed alcune guardie. Così la disgustosa scena provocata dal Carreri ebbe termine e la folla si sciolse commentando aspramente il contegno del professore austrofilo. Debbo notare che il prof. Carreri ha sempre fatto dimostrazione di clericalismo intransigente […]

28 maggio 1915. Questa mattina alle ore 11 gli alunni di queste scuole pareggiate per protestare contro i sentimenti del prof. Carreri, si portarono al monumento di Menotti e vi deposero una corona di fiori freschi, tanto più significante cadendo oggi stesso l’infausto anniversario della sua impiccagione. Il Regio Provveditore poi invitava questa Presidenza a far sì che al prof. Carreri sia interdetto l’accesso alla scuola almeno durante questo scorcio d’anno scolastico per evitare eventuali disordini; e tale deliberazione prendevasi pure da questo Consiglio direttivo in seduta di ieri […] E’ da augurarsi che il prof. Carreri senta il dovere di rassegnare le sue dimissioni da insegnante di questo ginnasio pareggiato; e si ritiri a vita privata se vuol informare la sua condotta politica a vantaggio della causa clericale austriaca, nemica della patria nostra, e non sia lecito a lui con tali concetti istruire la nostra gioventù.

4.2 La biblioteca scolastica e la vocazione per l’insegnamento

Verbale di assemblea del Consiglio del Collegio, 1919

 Il Prof. Martinozzi è preoccupato del fatto che i giovani del liceo leggano poco. Egli, in conformità anche al regolamento, dovrebbe imporre loro la compera di molti libri di lettura, ma non può farlo per il caro-prezzo. Si rivolge quindi ai colleghi, perché, specialmente in quelle materie, in cui la cosa si presta (Filosofia, Storia ecc.), vengano in aiuto dell’insegnamento di Italiano, con l’attuazione di letture appropriate. Inoltre ritiene che all’inconveniente che sta rilevando, si potrebbe anche rimediare con l’istituzione di una biblioteca per i giovani […]. 
Il Preside anzitutto osserva al Prof. Martinozzi che da documenti che esistono nell’ufficio di Presidenza risulta come una tale biblioteca in questo istituto sia già stata istituita nel passato, e abbia anche funzionato per qualche anno con una dotazione circa di 400 volumi. Probabilmente alle condizioni straordinarie del Paese, e quindi della scuola, si deve se questo funzionamento ha quasi cessato negli ultimi quattro anni. Poiché anche dunque non si tratta che di ridar vita a un’istituzione già esistente, egli non ha nulla in contrario, anzi si associa in massima alla proposta del Prof. Martinozzi

Nei trent’anni di insegnamento al Liceo Ginnasio San Carlo il professor Martinozzi, sbollite le prime intemperanze, si rivela un docente appassionato. Mantiene nel tempo una spiccata personalità e sarà questo tratto a permettergli di conquistare vantaggi e progettare, e poi ottenere, migliorie sempre per il bene dei suoi studenti.

Tra il 1919 e l’inizio degli anni Venti si prodiga per la costituzione di una biblioteca per gli studenti meno abbienti: molte famiglie non possono permettersi l’acquisto dei libri per i propri figli. Aumentando la quota di contribuzione dei singoli iscritti alla biblioteca propone di acquistare, con questi fondi, i testi per lo studio (AsFSC 21.18.18 segn. 5). Il consiglio accetta.

Il tenore del suo insegnamento viene rivelato dalle relazioni di fine anno scolastico. Le sue relazioni non si limitano alla semplice descrizione delle attività svolte (una specie di stato avanzamento lavori che costituiva il modello impiegato per la maggiore dove venivano evidenziati: programmi svolti, profitto e disciplina), diversamente da tutti gli altri docenti inserisce commenti critici di valutazione degli allievi. Aggiunge poi, e qui sta il suo contributo originale, indicazioni e consigli per migliorare la didattica in particolare laddove insisteva sull’importanza della lettura dei testi e delle esercitazioni scritte. 

Nella relazione scritta il 4 luglio 1919 auspica che venga abolita la promozione senza esame. Per Martinozzi quel provvedimento di legge, introdotto nel periodo bellico, è il “più deleterio e più micidiale che si potesse escogitare per annullare ogni efficacia all’insegnamento, particolarmente a quello d’italiano”.

Per il resto, nelle relazioni del 1921 e 1922 si leggono osservazioni che potrebbero comparire in qualunque verbale di un consiglio di classe odierno, se redatte da un professore in grado di tenere la classe: “quanto ai giovani, ottima, come sempre la disciplina; buona anche la diligenza ai doveri scolastici: alquanto scarsa la spontanea e volontaria senza volontà di apprendere qualche cosa, od assai più, di quello che fosse indicato come necessario.”. E ancora: “I giovani sono, in genere, distratti e svagati, anche i migliori: si direbbe che dedichino alla scuola i ritagli di tempo, o almeno quel tanto che è strettamente necessario per accudire al “dovere “, senza simpatia, senza propensione amorosa verso gli studi.”.

In parte è segno dei tempi: “La distrazione, che io segnalo, dipende, come sappiamo, da cause varie, né è in potere nostro il derimerla: per fenomeno assai esteso, nella nostra regione molto appariscente, inopportune competizioni politiche sviano gli scolari dalla scuola, e l’insegnamento d’italiano più d’ogni altro può accorgersi di quanto turbamento negli spiriti giovanili siano causa le fazioni, dalle quali oggi le scolaresche non riescono a salvarsi, e non per colpa loro.” 

cartolina inviata a Mario Martinozzi da Leonardo Bistolfi, autore del monumento a Garibaldi eretto a Sanremo (Fondazione Collegio San Carlo, fondo fotografico, inv. 1134)

4.3 Gli ultimi anni, il regime e le opinioni personali

L’ultima nota, ancora significativa, è del 1927.

Il Consiglio del Collegio, il 29 giugno, si riunisce in seduta segreta. Il presidente, Oreste Benzi, riferisce ai due consiglieri Bianelli e Zuccoli rispetto ad una questione di “particolare delicatezza” che riguarda il prof. Cav. Martinozzi, ancora incaricato dell’insegnamento di lettere: “qualche tempo fa, persona degna di fede, lo informò che il detto insegnante si sarebbe lasciato sfuggire, in piena classe frasi che furono interpretate come ostili all’attuale Regime“. Non era nota da poco. Benzi, “con la sollecitudine che richiedeva il caso, fece una pronta e rigorosa indagine che però non portò alla raccolta di dati precisi per poter formulare un’accusa concreta“.

Ne segue una discussione molto accesa, ma il professore ha alle spalle una carriera luminosa e gode di grande stima. Così il Consiglio, che pure si era insediato solo nel 1923, soppesati presumibilmente pro e contro di una segnalazione formale, “Ritiene di non dover procedere a provvedimenti disciplinari, e perché il fatto che si suppone sia avvenuto non si ripeta, stima conveniente che il Presidente richiami il Prof. Martinozzi ad un maggior senso di responsabilità e gli faccia intendere come la scuola debbe essere sempre sorgente viva di amor patrio ed ora di ardore fascista ammonendolo inoltre che l’attuale amministrazione fascista procederà con rigore contro chiunque apertamente o passivamente si opponga alla nuova corrente nazionale“.

Probabilmente molto cauto, a parte quest’episodio, Martinozzi nella scelta del libro di testo di letteratura italiana si limita a confermare quello adottato nel 1919 non perché favorevole al regime ma perché “non contiene nulla di contrario”.

Nelle relazioni dei primi anni Trenta ritrova la sua loquacità: “Il compito-difficile-ch’io mi sono da oltre trent’anni prefisso, or meglio or peggio, secondo il rendimento delle mutevoli scolaresche, è sempre quello: cercare di accendere nell’animo dello scolaro l’amore alla lettura, e la sensibilità all’emozione che da essa può derivare.”

Mario Martinozzi, relazione per l’anno scolastico 1931-32

Ed io, ormai vecchio, credo ancora che non si possa raccogliere se non si è seminato, ossia che il primo e capitale ufficio dell’insegnante sia insegnare. Dare idee, stimolare gli intelletti e le fantasie – far comprendere le letture in quanto sono opera d’arte e di vita, credo sia il dovere principale del maestro

Questa biografia è stata scritta con il contributo di Andrea Cattabriga, Alessandra Magnani e Daniele Borghi.

Questo testo costituisce un approfondimento della mostra “Visioni stra/ordinarie” (Fondazione Collegio San Carlo, via San Carlo 5 – Modena, dal 05 aprile al 04 maggio 2024). Per info e approfondimenti si veda il sito della Fondazione Collegio San Carlo e il sito proprio del progetto Rivoluzioni.

  • Elena Franchi, Al di là delle Alpi, in “Rivista IBC” XVI, 2008, 4
  • Susanne Adine Meyer, Tra Enrico Panzacchi e Adolfo Venturi: discussioni, prime esperienze ed iniziative di insegnamento della storia dell’arte nelle scuole italiane, in “Il capitale culturale”, n. 24, 2021, pp. 15-34